Gurage 2013 – 2016

CCWW Pediatrics and Neonatology
Attat – Ethiopia

Il progetto pediatrico CCWW per l’Ospedale di Attat si propone di aumentare l’attenzione e la sensibilità al problema dell’assistenza materno-infantile, potenziando e migliorando qualitativamente lo standard dell’assistenza neonatale e pediatrica con integrazione ospedale-territorio.

Il Governo Etiope ha richiesto all’Ospedale di Attat di far partire una “neonatologia” di base ( circa 2500 parti/anno) mentre per la pediatria c’è già una minima organizzazione con un medico di medicina generale che se ne interessa e con cui si valuterà come collaborare.

A tale scopo, è nata una collaborazione fra l’Ospedale, la Diocesi di Emdibir, Medici dell’Alto Adige per il Mondo e i Pediatri di Child Care World Wide.

Il programma, su base volontaria non retribuita, prevede la presenza costante, senza interruzioni, di un uno-due pediatri a rotazione ( uno per un mese e uno per 15 gg) per un periodo complessivo di circa un anno. Componente essenziale del progetto, oltre all’assistenza medica diretta, è la formazione continua del personale locale fino all’autonomia dello stesso. I risultati del progetto verranno valutati alla fine del programma annuale.

Notizie e aggiornamenti della Mission 2015/2016 ad Attat, Gurage, ETIOPIA

L’Associazione Pediatri di Famiglia per i bambini del mondo – Childcare WorldWide ha organizzato la presenza di almeno un pediatra al mese da dicembre fino a giugno in Etiopia all’Ospedale di Attat, Guraghe per far partire una Neonatologia di base.

Ecco le prime impressioni di Alfredo Visca e Cristina Mirabelli, Pediatri CCWW:

Qui è bellissimo stare, la relativa carenza di comfort è compensata dalla purezza della gente, dalla bellezza dei posti e dal completo abbandono dei falsi bisogni che una società opulenta come la nostra ci ha indicato come essenziali.
Qui c’è gente che si sacrifica davvero, cento volte più di noi, e comunque il sorriso disinteressato di un bambino senza futuro ripaga in un secondo quelle piccolissime rinunce che arrivando qui devi accettare.

E l’ospedale, piano piano, cresce………un saluto a tutti!

Che bello, ragazzi! 1400 grammi, caldo zucchero e concentratore. 99% di saturazione, bella come il sole africano. L’avevano già messa da parte. Ma lei vivrà, per le infermiere è la prima volta e sono contente.
Le storie belle: 3 giorni fa meningite e malaria grave. Oggi seduto sorridente e sfebbrato. Scusate se è poco

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CCWW nelle Health Clinics Novembre 2014 – Aprile 2015

Da ottobre 2014 a aprile 2015 si sono recati in Gurage 15 pediatri, 1 farmacista, 1 laboratorista, 1 infermiera e 1 insegnante per un totale di 16 settimane. Un pediatra si è poi recato una seconda volta per una settimana all’ospedale di Attat.

I pediatri e i collaboratori hanno lavorato nelle Clinics della Diocesi Emdibir collaborando con il personale locale. Sono stati visitati adulti e bambini con un accesso giornaliero da 30 – 40 persone a 120 – 130 nelle varie sedi. In ciascuna Clinic vengono anche effettuati numerosi parti con una frequenza che varia da 1-2 al giorno a 1-2 a settimana.

Sono molto evidenti le difformità organizzative e strutturali della varie clinics che si cercheranno di uniformare grazie a un nuovo importante progetto approvato dalla Epiarchia, proposto da Mission Onlus- Caritas Udine in collaborazione con CCWW e alcune altre associazioni che già operano in Gurage a vario titolo e con differenti obiettivi e competenze.
Il progetto triennale prevede la costituzione di un Centro Servizi con la nomina di un responsabile. È stato individuato lo spazio idoneo per il Magazzino del Centro Servizi e verranno a breve effettuati i lavori e gli acquisti necessari per l’avvio dell’attività che include il reclutamento del personale.
Il progetto prevede anche un magazzino farmaci centralizzato per le Clinics e il segretariato si è attivato per promuovere un percorso di autorizzazione di licenze per la detenzione e la distribuzione di farmaci, come previsto dalla leggi etiopiche.
Il progetto verrà sostenuto in parte dalle Associazioni stesse e ha ottenuto un finanziamento della CEI ma sarà aperto a ulteriori contributi finalizzati agli interventi che si renderanno necessari di manutenzione ordinaria e straordinaria che verranno previsti nel corso dei sopralluoghi alle strutture, in parte già effettuati.

I Pediatri CCWW inoltre inizieranno, verso la fine del 2015 – inizio del 2016, un progetto pilota assistenziale e formativo al fine di migliorare la qualità dell’intervento pediatrico a parità di risorse presso l’Ospedale di Attat in collaborazione con i Medici dell’Alto Adige.

Zizencho and Burat Decembre 2013 Serena Carletti, Franca Di Girolamo Gennaio 2014, Shebraber e Dakuna Adriana Formica e Pierangela Rana Aprile 2014.

Breve impressione generale Marzo 2014 Anna Morena Pavan, Stefano del Torso

Abbiamo visitato tutte le 7 Health Clinics (HC) dell’ Eparchia di Emdibir e l’ospedale di riferimento ad Attat. Le HC fanno da indispensabile filtro agli accessi all’Ospedale, difficili per le distanze, assenza di trasporti e nella stagione delle piogge quasi impossibili per le condizioni delle strade.

Ogni clinic ha una sala parto, ambulatori, laboratorio e distribuzione farmaci.
Gli alloggi per i medici/volontari complessivamente sono accettabili e in alcuni casi buoni anche se la disponibilità di acqua e luce sono molto variabili.
Non tutte le clinics hanno l’ambulanza e molto differenti sono le modalità di organizzazione, le attrezzature, il numero e qualifiche del personale che comportano una difforme modalità di assistenza specie nel settore materno-infantile.

Il numero di visite giornaliere totali varia da 80 a 130 o più di cui almeno 1/3 di età < 10-12 anni.
Solo in alcune clinics si lavora anche al sabato. Le scuole vengono invitate a inviare i bambini con problemi alla HC quando i sono i pediatri. La nostra attività clinica può essere molto varia e stimolante confrontandosi con realtà diverse ed esperienze molto varie dei vari operatori con disponibilità per tutti coloro che siano interessati.

Abbiamo discusso con il coordinatore della attività del Gurage un progetto che per uniformare i livelli minimi di assistenza materno-infantile nelle varie clinics per cui sarà indispensabile anche la attività di formazione oltre che eventuali fondi.
Oltre alla attuale concreta partnership con Engera e auspicabile con il Meyer e la Regione Toscana ci sono interessanti possibilità di collaborazione anche con altre associazioni per integrarci sia dal punto di vista medico che di interventi strutturali a medio termine.

Altri incontri

Ambasciata Ordine di Malta – Walter Panzeri Consigliere
– Arcivescovo Monsignor Abune Bernaneyesus
– Abba Tekle Mekonen President Ecusta Università Cattolica Addis Abeba
– Scuola Italiana di Addis Abeba Dott. Daniele Castellani Direttor
– Ambasciata Italiana Pasquale Melloni, Pasquale Farese Program Coordinator, Alessandra Testoni
– Ospedale di Wolisso Fabio Manenti Arianna ( Direttore sanitario ) Silvia (Pediatra )
– Ospedale di Attat Sister Rita Dr. Toni Pizzecco Medici AltoAdige
Dr. Tommaso Lanzano, Direttore Generale Ospedale Meyer
Mari a Josè Caldes Pinilla Direttore Centro di Salute Globale, Regione Toscana Ospedale Meyer
Francesco Silenzi e Giuseppe Indolfi, Engera

Visite Dakuna ( 4 giorni ) e Maganasse (1 mattina), Formazione e Screening Visus

 

Visite: Maganasse dista da Dakuna 15 km e c’è un dislivello di 200/300m (Dakuna 2100m e Maganasse 1900m) ed è una zona a medio rischio malaria.
A Dakuna abbiamo visto i bambini di tutte le età e anche adulti (15–80a) A Maganasse abbiamo solo affiancato per 1 mattina l’infermiera che vede bambini fino ai 5 anni con registro IMCI.

 

Formazione: HOTV, broncodilatatori e distanziatore, Alimentazione, Approccio al bambino, Patologie etc…

Screening Visus: 2Win eseguito a circa 80 pazienti adulti e bambini e personale. Grazie alla presenza di Oculista e Ottico di Padova Ospitale a Maganasse consegnato 1 occhiale e altri 2 sono stati inviati dall’Italia.

 

Gurage 2013

Dakuna and Getche Aprile 2013 Sonia Storelli, Constantino Gobbi

Breve impressione generale Mauro Mancino e Roberto Corbo Febbraio 2013 Zizencho e Burat

Appena scendi dall’aereo ed entri nell’aeroporto di Addis Abeba ti accorgi di essere arrivato in Africa. Lo sapresti subito anche se tu fossi un alieno e te ne accorgeresti per la fila che devi fare per il visto, per l’ odore forte, per la confusione che non è mai chiassosa ma quasi un’atmosfera di festa.

L’ autista è fuori che aspetta. Avrebbe aspettato un giorno intero: sorridente anche se eravamo in forte ritardo. Le procedure per svincolarsi sono state un po’ lunghe ma anche questo è un segno degli’africani:lo sanno che le cose prima o poi comunque accadono, la fretta è un’invenzione di noi europei.

Inizia il viaggio. Il sole è caldo ma non afoso, salire sulla jeep cancella la stanchezza della notte passata in economy, sentiamo nettamente che l’avventura sta iniziando ad entrare nel vivo. I rumori del traffico, il vociare della gente, le chiacchiere dell’autista e il riconoscere posti già visti ci fa sentire a nostro agio. Una sosta per una rapida colazione e poi via per gli altipiani: una corsa sul nastro d’asfalto con i finestrini aperti. Paesi e città si susseguono simili ma diversi con i loro sicomori e la gente i bambini gli animali a formare un tutt’uno. Poi inizia la pista e dopo qualche minuto ci siamo accorti che non sarebbe stato breve. Hai voluto l’Africa ? Eccola nella sua durezza: polvere, buche velocità ridotte, attese. Noi ragioniamo con le distanze nostrane; in fondo è come andare da Pesaro a Bologna ma la realtà lì è più impegnativa. Salite fra calanchi che immaginiamo come fiumi durante la stagione delle piogge, la terra rossa che si alza al nostro passaggio, gli eucalipti che qualche volta sembrano entrare dentro i finestrini come volessero venire con noi. E niente soste perché il nostro autista deve anche tornare indietro e viaggiare di notte qui è ancora più pericoloso.

Finalmente arriviamo: Zizencho lo troviamo all’inizio di un tramonto che mozza il fiato. Da tutti i punti di vista: la bellezza della natura ma anche la solitudine di questo Health Center circondato da un largo recinto ben sorvegliato immerso in una spianata a 2,800 metri che si perde fino all’ orizzonte. Individuiamo subito la clinica e le strutture dove dal giorno dopo avremmo iniziato il nostro lavoro, un piccolo Kinder Garden e la casa che ci avrebbe ospitato.

Sister Sorabhila ci da il benvenuto con le sue consorelle e ci accomoda nella stanza nella quale siamo stati ospitati.
Un po’ storditi arriviamo alla prima cena insieme. Da subito abbiamo capito che quel momento comunitario sarebbe stato il momento topico della nostra giornata. Quello in cui ci si raccontano le soddisfazioni e le delusioni , quello in cui le tensioni si possono sciogliere e si fanno progetti per il giorno dopo.
Abbiamo subito messo in chiaro che io e Roby vogliamo ambientarci, non essere di peso, ed essere utili e che vorremmo essere aiutati ad ottenere lo scopo. Sister Sorabhila sembra sollevata: ha l’aspetto di una che di problemi ne ha e ne risolve parecchi con semplicità e tenacia e quando le raccontiamo del CCWW e dei suoi progetti, negli occhi le leggo che vorrebbe cogliere la buona opportunità.

La prima notte è stata memorabile: alle nove le luci elettriche si spengono e la mancanza di luna ha reso il buio fittissimo. Ma il cielo…il cielo che avevo solo letto e descritto nei romanzi di Wilbur Smith si è manifestato in tutta la sua maestosità con una quantità di stelle che Roby ha descritto un po’ con la conoscenza e un po’ senza citare le fonti bibliografiche tanto io mi accontentavo. La ninna nanna la danno le jene perché nel Guraghe il giorno è degli uomini e la notte delle jene e quando cominci a sentire l’ululato che si avvicina ti senti sicuro solo al coperto.

Il lavoro nella clinica è molto ben organizzato: i pazienti afferiscono da un’area molto vasta ed è stato calcolato che circa venti mila persone usufruiscono dei servizi della Clinica di Zizencho. Appena arrivano vengono ricevuti dall’Ufficio Accettazione al quale presentano una tessera in cui è riportato il numero della loro cartella personale. La cartella viene prelevata dall’archivio e viene dirottata in uno dei tre ambulatori di OPD(out patient department). In ognuno dei tre ambulatori c’è un giovane Nurse che ha fatto o sta svolgendo studi di infermieristica. Ogni Nurse alla fine della giornata fa almeno 50 visite e dopo ogni visita aggiorna la cartella con la diagnosi e la terapia. L’ attività ha degli orari giornalieri dalle 8,30 alle 13 e dalle 14,30 alle17 ma uno dei nurse a turno fa una specie di guardia per i periodi non coperti dall’ orario. Ogni paziente dopo la visita va alla farmacia della clinica dove viene fatta pervenire la cartella aggiornata, ritira i medicinali e paga una quota per il servizio.
Nella clinica ci sono anche una sala parto, una sala emergenze e un laboratorio in cui si fanno test diagnostici per lo HIV o per il tifo o la febbre tifoide ma anche per il diabete.
Il nostro lavoro si è sviluppato accanto ad uno dei giovani nurse: all’inizio abbiamo osservato le modalità delle visite, abbiamo cercato di capire quali strategie usassero per arrivare alle loro conclusioni, poi piano piano ci siamo inseriti nel vivo del lavoro facendo ai bambini visite più complete e approfondite e guidando i nurse verso conclusioni più mirate. Questo aspetto richiede molto tatto e delicatezza perché comunque la responsabilità della decisione spetta al nurse e non abbiamo mai imposto il nostro modo di operare. La sinergia che si è così creata è stata un po’ motivo della soddisfazione che abbiamo raccolto in questa missione.
Le patologie che abbiamo incontrato più frequentemente sono state: Tifo, Febbre Tifoide, Polmoniti, Gatro-enteriti, Infezioni della pelle, Parassitosi, Congiuntiviti, Malnutrizione, Tubercolosi. La Malaria è poco presente vista l’ altitudine. Nonostante i bambini seguano delle campagne vaccinali precise non abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a questa attività.
Non abbiamo disdegnato di visitare anche adulti sebbene non siamo mai stati messi in condizione di doverlo fare e abbiamo trattato coliche renali, infezioni, ipertensione arteriosa, diabete, gastriti, e dolori artro-mialgici di ogni tipo.
Oltre all’attività nella clinica ci siamo adoperati per fare delle visite nelle scuole della zona. Abbiamo visitato i bambini della Kinder Garden e delle scuole limitrofe sottoponendoli al test di acuità visiva detto HOTV e a visite mediche provvedendo direttamente alle terapie o inviando alla clinica i più gravi.
Oltre ai circa cinquanta pazienti al giorno (fra adulti e bambini) che abbiamo visitato nella Clinica, abbiamo visto e testato circa 308 bambini nelle diverse scuole di Zizencho e Arakat.

La seconda settimana è iniziata con il trasferimento a Burat dove c’è un’ altra clinica strutturata come quella di Zizencho.

In questo caso il contesto è un pò diverso perché a Burat c’è un vero e proprio villaggio. L’ accoglienza ci è stata offerta dalla simpaticissima Sister Annie che ci ha fatto assistere subito ad un parto. L’aspetto curioso è stato che dopo l’ assistenza alla nascitura le abbiamo dato anche il nome. Amina è stata la prima piccola a cui abbiamo offerto le nostre cure.
Sister Sophie è il manager di questa clinica: molto diversa da Sister Surabhila condivide però in maniera autentica gli stessi ideali e profonde le stesse infinite energie facendo fronte alle situazioni più impegnative che si presentano nella quotidianità. Anche qui abbiamo incontrato giovani ragazzi che svolgono il lavoro di nurse con grande impegno e serietà. Non dimentichiamo che oltre a lavorare duramente durante il giorno provvedono alla loro sopravvivenza facendosi da mangiare e risolvendo tutti i problemi della loro sussistenza.
Anche a Burat la media di visite quotidiane si aggira a circa cinquanta al giorno e il numero di scolari che sono stati visitati e testati con lo HOTV è stato circa di duecento unità.
A Burat ci siamo incontrati con tre altre missionarie italiane che si sono integrate nell’ attività quotidiana: chiunque abbia delle competenze può metterle a disposizione e ne ricava molto di più da riportare a casa.

Sostenere lo sguardo: dalla prima volta che sono stato in Etiopia la difficoltà più grande che ho dovuto superare è stata sostenere lo sguardo dei bambini, delle persone, degli operatori che vivono e lavorano in condizioni che rispetto a quelle cui sono abituato appaiono disperate. Abituarsi a questo confronto è stata la fatica più grande perché in questa dinamica la nostra attenzione per loro è così importante che la ricambiano con un amore molto più grande di cui non ci si sente meritevoli.